La Storia
Non intendiamo ricostruire in laboratorio impossibili memorie condivise un tempo che fu, ma di riconoscere che Casarano custodisce orgogliosamente un passato calcistico di cui andare fieri. L’attaccamento a quei valori e ai ricordi di quei fantastici risultati ottenuti in vent’anni interrotti di presenza nella terza serie calcistica nazionale e consegnati alla storia, sono un patrimonio che ci arricchisce tutti, indistintamente.
La storia rivela che la prima squadra locale che prese parte ad uno dei campionati minori della provincia fu affiliata nel 1927. Da quell’anno, fatta eccezione per la pausa bellica (1943-1946), il Casarano ha sempre preso parte ai campionati dilettantistici, giocando le gare interne presso il campo sportivo che, al tempo, sorgeva in via Ruffano. La prima vera svolta (e non solo calcistica), per Casarano arrivò agli inizi degli anni ’50, quando i Capozza, famiglia di imprenditori originari di Molfetta, decisero di impiantare la propria attività commerciale nel sud Salento, facendo di Casarano il punto nevralgico delle loro molteplici imprese che comprendevano anche il calcio e alla guida del sodalizio calcistico arrivò Giuseppe Capozza (a ciò, in seguito, verrà intitolato lo stadio comunale). Nel 1956 viene inaugurato il nuovo stadio di via Matino. Nel 1957-1958 il Casarano prese parte al campionato di IV serie e nel 1961-1962 disputò il campionato di Serie D. Dopo diverse stagioni in cui la formazione rossazzurra è stata sempre tra le protagoniste nei vari campionati di Promozione, nel 1968 il calcio casaranese scrive la pagina più nera della sua storia, subendo l’onta della “radiazione” a causa di una violenta e cruenta rissa tra calciatori e dirigenti scoppiata al termine di una gara a Leverano.
Nel 1969 la società, rifondata, ripartì dal campionato provinciale di Terza Categoria, con il nome di Virtus Casarano (allenatore Francesco Chiarello). Scalando le gerarchie del campionato, approdò in Serie D nel 1977. Nel 1978, dopo un’amara retrocessione, quasi a furor di popolo, il comm. Antonio Filograna, casaranese doc, lungimirante imprenditore calzaturiero, divenne presidente, assumendo la guida della società.
La “cavalcata rossazzurra” paragonabile ad un “crescendo” rossiniano, parte dal campionato di Promozione che viene vinto a piene mani. Il presidente a cui non difettavano certamente, entusiasmo e progettualità, compone abilmente un puzzle di alto spessore che regalerà una stagione lunga vent’anni di irripetibile fascino. Or bene, l’entusiasmo che accompagna le “gesta” dei rossazzurri è a dir poco straripante, il connubio squadra-città è carnale.
Il presidente Filograna non lesina sforzi e, per il campionato di serie D, chiama alla guida tecnica della squadra Angelo Carrano che vince il campionato e, per la rima volta nella sua storia, proietta il Casarano tra i professionisti.
Ma siamo solo all’inizio di una storia avvincente e, per certi versi, irripetibile. Nella stagione 1980-81 il Casarano si affaccia al torneo di C-2 con grandissima umiltà, ma anche con la consapevolezza della sua forza dettata da una solida guida societaria. Tuttavia, proprio quella stagione è segnata dal rapimento subito dal presidente Filograna che resta in mano dei suoi sequestratori per quasi otto mesi. Nonostante questa enorme difficoltà oggettiva, la squadra, scrivendo quasi una pagina da libro “Cuore”, disputa una stagione esemplare, giungendo, pur “orfana” del suo presidente, al secondo posto in coabitazione col Monopoli e alle spalle del Campania. Lo spareggio con la formazione bianco-verde barese si disputò a Brindisi provocando il primo, vero “esodo” di tifosi (il secondo, piuttosto amaro, sarà a Caserta…). Un gol su punizione di Giuseppe Cau (attaccante dal piede pesante) regalò al Casarano un altro storico traguardo: la serie C-1. Descrivere l’entusiasmo di un’intera collettività è un’impresa ardua, pur tuttavia era una gioia venata di nostalgia, contenuta, frenata. L’ossimoro è dettato dalla inquietante consapevolezza che il principale artefice di quel sogno non era in piazza a festeggiare con la città.
Quella sera, tutta Casarano si era data tacitamente appuntamento in piazza San Domenico ad attendere il pullman dei calciatori, reduci dall’impersona di Brindisi. A capo chino, ad uno ad uno, si concedevano all’abbraccio dei tifosi, consapevoli che non era una felicità piena. Ma il rammarico era destinato a terminare molto presto: esattamente dopo cinque giorni dall’epica impresa di Brindisi, in un afoso pomeriggio di giugno, d’improvviso, si odono le campane di tutte le chiese cittadine suonare a festa. Un altro eloquentissimo indizio fu il prolungato suono della “sirena” della fabbrica “La Filanto” che non aveva più scandito i turni di lavoro col suo lacerante suono, dall’infausto giorno del rapimento del suo “Titolare”: Antonio Filograna era finalmente libero! Casarano tornava a respirare a pieni polmoni salutando calorosamente uno dei suoi figli più illustri.
Ma, davanti all’ “Everest” della terza serie nazionale, il Casarano non si lascia intimorire, non soffre di timori reverenziali o complessi di inferiorità, pur legittimi, per un sodalizio che, fino a ieri rea nel limbo del Dilettanti. Dal campionato 1981-1982 e per i successivi 17 anni, i rossazzurri hanno militato nel “calcio che conta” e quasi ininterrottamente nella terza serie nazionale. Poter giocare “alla pari” con squadre blasonate e di rango, vivere un’atmosfera sportiva non più relegata nei confini regionali, l’emozione provocata dall’apparizione del Casarano, per la prima volta, nella fatidica schedina del Totocalcio (Casarano-Arezzo), la menzione nei risultati nella Domenica sportiva su Rai 1, sono momenti ineffabili scolpiti nella mente di tutti i tifosi rossazzurri.
Dopo due stagioni di “assestamento” piuttosto tribolate e con la salvezza conquistata sempre sul filo di lana, nel 1983 Antonio Filograna vince gli indugi e dà mandato al D.S. Sergio Abbruzzese di allestire una formazione in grado di disputare, a testa alta, il campionato di C-1. Qui si staglia prorompente la forza di volontà e la straordinaria lungimiranza di Antonio Filograna: egli vuole, caparbiamente, com’era riuscito lodevolmente nel suo settore imprenditoriale, proiettare Casarano nell’elite nazionale, dimostrando, concretamente, che anche una piccola realtà di periferia, del Sud, può competere con le “grandi” blasonate.
L’impresa si rivelerà tutt’altro che agevole. Molti calciatori non erano disponibili a raggiungere Casarano per molteplici difficoltà oggettive, ma anche per qualche pregiudizio di troppo: il Sud d’Italia incute paure, non offre certezze, a dirla senza metafore: non è affidabile. Sono questi i motivi che solleticano l’orgoglio di Antonio Filograna che, unito alla paziente, quanto saggia diplomazia di Sergio Abbruzzese, sovvertono, pian piano, un trend che stava diventando pericoloso: dal Foggia (appena retrocesso dalla serie B) arrivano l’allenatore Lamberto Giorgis, e i calciatori Fulvio Navone (certamente il calciatore-simbolo del calcio professionistico rossazzurro) e Raffaele Barrella che, uniti a Vento, Grimaldi, Coletta, Corsini, offrono all’allenatore un valido mix in grado di tenere testa alle “corazzate” che si presentavano ai nastri di partenza del campionato. Al tecnico modenese va anche riconosciuto il merito di aver impresso al Casarano quei connotati di “professionismo” che fino a quel momento latitavano che, uniti all’entusiasmo e alla meticolosa preparazione di dirigenti come, ad esempio, il segretario generale Franco Bellante hanno rappresentato un’autentica catarsi che ha proiettato il sodalizio rossazzurro nel calcio che conta.
Nell’immaginario del tifoso-tipo casaranese quella stagione rimane tra le più avvincenti e affascinanti: la “summa” della storia calcistica cittadina che va dritta al cuore. Il Casarano, “novello Davide”, sente il soffio della storia e, grazie ad un autentico “capolavoro” tattico di Lamberto Giorgis, mentore di quel Casarano, si tolse l’immensa soddisfazione di battere il Bari-“Golia” in una giornata epica (19 febbraio 1984) e, con carattere, cuore e orgoglio, con un perentorio 2-0 (reti di Coletta e Recchia), nel primo vero “pienone” del “Capozza”, forte di oltre 6.000 presenze: quella memorabile giornata di calcio autentico, vietato ai deboli di cuore, è destinata a restare, enfaticamente, per sempre, nei ricordi più entusiasmanti e piacevoli dei tifosi. Come un’incursione memorabile nei cuori, soprattutto chi ha vissuto quella fantastica “epopea”, diventa sciorinare, come l’Ave Maria, l’undici di quella straordinaria formazione: Anellino; Barrella, Fiorucci; Coletta, Secchi Caligiuri; Sansonetti, Corsini, Navone, Vento, Recchia, che equivale, con le dovute proporzioni, ma con identico enfatico effetto, a come ripetere: “Sarti, Burghich, Facchetti…”, o: “Zoff, Gentile, Cabrini…”.
Purtroppo, c’è sempre un rovescio della medaglia e per il Casarano fu la “fatal” Caserta (penultima giornata, sconfitta 1-0) e il rocambolesco pari interno (2-2) con la Civitanovese che pregiudicarono il secondo posto (in coabitazione col Taranto), alle spalle del Bari, che avrebbe spalancato le porte della serie B.
Di quella squadra, ma anche delle formazioni negli anni a seguire, il “profeta”, l’uomo in più, è stato Fulvio Navone, sempre più trascinatore del Casarano. Testa alta e radar ai piedi, le sue giocate tolgono il respiro agli avversari e divertono i tifosi, accendendo il “Capozza” di entusiasmo. Egli ha dimostrato di essere un giocatore abile a spostare gli equilibri ancora in grado di mescolare il grande passato di numero dieci al presente di indimenticato beniamino dei tifosi.
Nella stagione seguente, il 23 giugno 1985 il Casarano si aggiudicò la Coppa Italia Serie C (con allenatori Mirko Ferretti e Giuseppe Placella) regolando in finale la Carrarese. Nella stessa stagione i rossazzurri affrontarono il Verona poi campione d’Italia al Bentegodi nel primo turno di Coppa Italia di Serie A e B.
Nelle stagioni 1986-1987 e 1987-1988 l’unica parentesi in serie C2 di quegli anni, fu chiusa dal ritorno in serie C1 in seguito alla vittoria del campionato (allenatore Giorgio Veneri), a pari merito con il Perugia di Ravanelli e Di Livio. Per festeggiare la promozione, il presidente Filograna pretese un’amichevole di lusso riuscendo ad ospitare al “Capozza” il Milan di Sacchi, fresco campione d’Italia, l’8 giugno 1988. Grazie ad una felicissima quanto geniale intuizione il presidente Filograna designa, quale Direttore sportivo, Pantaleo Corvino, fino ad allora responsabile del settore giovanile. Corvino si rivelerà il demiurgo del Casarano, dimostrando, in embrione, ciò che sarebbe diventato, nel corso della sua straordinaria carriera: uno dei D.S. più abili e competenti del panorama calcistico nazionale e non solo.
Nel 1990-1991 il Casarano andò ancora vicino alla promozione in serie B. Allenato da Gianni Balugani e trascinato in campo dalle reti a grappoli di Gigi Di Baia, e da Gianfranco Palmisano, Walter Dondoni, Salvatore Mazzarano e altri calciatori di assoluto livello per la categoria, chiuse il campionato al terzo posto, a soli 3 punti dal Palermo. In Coppa Italia Serie C arrivò in semifinale, dopo aver eliminato nei quarti il Perugia. Nella stagione successiva (1991-1992), tornò a disputare la Coppa Italia di Serie A e B, affrontando, tra le altre squadre, il Lecce. In campionato si classificò ottavo, mentre in Coppa Italia Serie C arrivò ai quarti di finale, dopo aver eliminato la Reggina agli ottavi. Nel 1992-1993 retrocesse in Serie C2 dopo aver perso lo spareggio contro il Potenza, giocato sul campo neutro di Foggia, venendo tuttavia ripescato. Nel 1993-1994 si classificò settimo in serie C1, ad un solo punto dai play-off. Le partite Perugia-Casarano e Casarano-Salernitana furono trasmesse in diretta su Telepiù (prima telecronaca di Fabio Caressa: Perugia-Casarano). Nel 1994-1995 arrivò in semifinale di Coppa Italia Serie C, dopo aver eliminato nei quarti il Bologna, sconfitto al Dall’Ara per 0 a 2. In campionato (allenatore Maurizio Viscidi), superò la Turris ai play-out, riuscendo a rimanere in serie C1. La sfida assunse particolare importanza perché avrebbe consentito di affrontare nuovamente il Lecce, appena retrocesso. Così avvenne nella stagione 1995-1996, in cui Casarano e Lecce si affrontarono quattro volte tra campionato e Coppa Italia Serie C. Particolarmente significativo fu il derby di campionato giocato a Casarano. In uno stadio colmo sino all’inverosimile (oltre 11.000 spettatori, record cittadino), il Casarano riuscì a pareggiare al ’96 grazie ad un autogol del capitano del Lecce, Zanoncelli. Negli anni novanta vestirono la maglia casaranese giocatori come Marco Serra, Raffaele Quaranta, Dario Levanto, Donato Cancelli, Mimmo Francioso, Paolo Orlandoni e Dario Passoni mentre, fra gli allenatori, Roberto “Dustin” Antonelli e Francesco Scorza.
Nella stagione 1996-1997 (allenatore Adriano Cadregari), i rossoazzurri si classificarono settimi, dopo aver chiuso il girone di andata a due punti dalla capolista Andria, tra i giocatori “pescati” da Corvino, il giovane Roberto D’Aversa, oggi allenatore del Parma in serie A. In quella stagione il presidente Filograna, passò la mano al nipote Antonio, uno dei presidenti più giovani della serie C.
L’infausta stagione successiva (1997-1998, allenatore Pino Petrelli), si concluse con la retrocessione in Serie C2. Uno dei calciatori più noti ad aver militato nel Casarano in quel periodo e che è riuscito a calcare i campi della serie A, giocando con la Juventus, Fiorentina, Benfica e Palermo fu Fabrizio Miccoli. Cresciuto nel settore giovanile casaranese, trascinò la Berretti rossoazzurra alla conquista dello scudetto nel 1996-1997 e disputò due stagioni ad alti livelli in serie C1. Fu sensazionale anche il suo trasferimento “miliardario” alla Ternana (luglio 1998), operato con straordinaria sagacia dall’allora A.D. Giampiero Maci, abilissimo a districarsi nei meandri del “mercato”, resistendo a molte “sirene”.
Al termine del campionato, il patron Antonio Filograna, che entrerà di diritto nel Pantheon rossazzurro, abbandona la presidenza del sodalizio, “suggellando” una stagione durata vent’anni di straordinarie imprese e ineffabili soddisfazioni.
Dopo quel periodo, parafrasando il famoso passo biblico, arrivarono gli anni delle “vacche magre”.
Il calcio diventa allora un’autentica metafora della vita, in una cittadina trascinata vorticosamente nella crisi del comparto calzaturiero dopo che lo stesso settore, tra gli anni ’70 e ’90, l’aveva elevata a modello da emulare con un tenore di vita e un apprezzabile reddito cittadino pro-capite.
Il calcio quindi non resta immune al fenomeno e, come l’Araba fenice, tra alterne vicende, alti e bassi, fallimenti e “rinascite” si muove con non poco disagio tra i campionati di Promozione e serie D, conquistando comunque, la Coppa Italia Nazionale Dilettanti (2009, presidente Ivan De Masi, allenatore Bianchetti) e due edizioni della Coppa Italia regionale.